Ormai era il venti dicembre e
Vurtuosa aveva deciso di andare con Nicola per incontrare il figlio. Per lei
era la prima volta. Il solo pensiero le faceva sentire il cuore in gola, ma
prima o poi doveva succedere. La voglia di vederlo era più forte del boccone
amaro che doveva ingoiare. E pensando alle madri che hanno dovuto sotterrare i
loro figli pensò: “Grazie Dio per avermelo lasciato vivo. Meglio portare pane
in prigione che lumicini in cimitero.” E con quella consolazione si stava
disponendo ad andare a Nuoro.
La
mattina del ventitré arrivarono i ragazzi da Roma con lo zio. Vurtuosa non la
smetteva più di abbracciarli e pensando a quel figlio che non poteva
abbracciare, si fissava in un punto che non vedeva. Chissà se avrebbe avuto
abbastanza coraggio da attraversare quel portone.
“Ohi
il mio cuore,” e cadde schiena a terra. Ormai non resisteva più a nulla, né
alla felicità né al dispiacere. Subito Luchia le passò una pezza bagnata sul
viso e le fece bere un po’ di acqua fresca, rimettendola in sesto. Mario e
Sandra si spaventarono a morte, ma Luchia disse loro: “State tranquilli, ormai
succede così spesso che ci stiamo facendo l’abitudine. Chissà domani, quando
vedrà il figlio!”
“Non
preoccupatevi, li accompagnerò io. Anche se non dovessero lasciarmi entrare io
sarò lì, per qualsiasi cosa.” Disse Mario.
“Che
Dio ti ripaghi figlio mio, perché sei di grande aiuto per tua sorella.”
A
tavola per colazione c’era di tutto. Durante la colazione stessa, Mario esordì:
“Si dice che abbiano assassinato Crasta, il commerciante. Cosa c’è di vero?”
“Noi
non sappiamo nemmeno di cosa stai parlando, quando è successo?”
“Quasi
un mese fa, l’hanno detto alla radio e alla televisione.”
“Figlio
mio, noi usciamo poco e non accendiamo né la radio né la televisione. E hanno
detto perché è stato ucciso?”
“Si
dice che lo stessero sequestrando, che si sia opposto e nella lotta abbia avuto
la peggio. L’hanno ammazzato a colpi di pietra. C’è però il sospetto che il
sequestro fosse una scusa, poiché pare che in realtà stesse dando fastidio a
qualcuno con il suo lavoro.”
Brano tratto dal
libro di Francesca Loddo “I cinque nodi,” Edizioni Sa babbaiola,” anno 2021.
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